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'TRACCIA DI UN LIBRO' di Michele
(Primavera 2018)
La conquista di Londra, di Pelham Grenville Wodehouse
Editrice TEA - Traduzione di Luigi Brioschi

NOTA: I capitoli e le pagine sono quelli del libro. Molti link richiamano brevi note sui personaggi, luoghi, aziende, riviste e giornali per aiutare la memoria del lettore. Le parti scritte in corsivo sono citazioni estratte dal romanzo. Uso tante citazioni perché penso che certi passi meritino di essere conosciuti e assaporati dai lettori del Granchio come assaggi della torta che prima o poi consumeranno interamente quando avranno in mano il romanzo.
Perché tutto questo? Perché quando ho finito di leggere questo libro, sono rimasto un po' disorientato per il numero notevole dei personaggi, per i loro spostamenti tra New York e Londra, che non posso dire di conoscere bene (ma gli altri luoghi in cui vivo li conosco davvero?). Allora il mio progetto iniziale era l'assurda pretesa di scrivere una specie di 'guida alla lettura'. Non so se ci sono riuscito, almeno in parte.
Wodehouse è da molti considerato uno dei più grandi scrittori inglesi del '900. Questo, secondo me, è uno dei suoi romanzi più divertenti.


Cap. 1- Si combina un matrimonio [pag. 13-31]
Sir George Pyke era il proprietario della Mammoth Publishing Company, la grande impresa
"che rifornisce la metà dell'Inghilterra - la metà più zuccona - di roba da leggere" [pag. 13].
"E' consuetudine, oggi, definire napoleonici gli uomini di successo tarchiati e con dieci chili di troppo. Ma, per quanto scontato sia quest'aggettivo, bisogna ammettere che c'era davvero qualcosa di napoleonico nell'aspetto di Sir George mentre camminava su e giù per l'ufficio. Il panciotto ben pieno e l'abitudine che aveva di infilare le dita della mano destra tra il primo e il secondo bottone gli conferivano comunque una certa somiglianza con il grande Corso, e tale somiglianza era accentuata dalla gravità del viso paffuto e determinato. Aveva l'aria di un uomo che ama molto fare a modo suo: del resto, non gli era accaduto spesso di sgarrare, negli ultimi vent'anni"
[pag. 15].

La signora Frances Hammond, moglie di Sinclair Hammond, era la sorella di Sir George e aveva lo stesso carattere imperioso. Sir George la stimava molto ed era convinto che il successo dei suoi affari fosse dovuto, in parte, ai suoi consigli, in parte al signor Pilbeam, uno dei suoi più validi collaboratori. Invece non nutriva alcuna fiducia in suo figlio Roderick, direttore della rivista 'Society Spice'. Sir George ebbe la visita di sua sorella Frances e concordò con lei che Roderick non aveva sufficiente grinta e che forse un matrimonio con una donna di 'buone qualità' lo avrebbe migliorato. Frances propose di far sposare a Roderick sua nipote Felicia.
Naturalmente Roderick dovette ubbidire e, rinunciando alla donna di cui era innamorato, andò subito a chiedere a Flick di sposarlo. Flick non aveva voglia di accettare e andò a chiedere consiglio a suo zio Sinclair, il quale, ben sapendo che era difficile contrastare le decisioni di sua moglie, riuscì a convincere Flick, anche se lei era legata al ricordo di un suo amico, Bill West, conosciuto in America in casa di Cooley Paradene , il miglior amico di zio Sinclair. Flick rivelò allo zio di essere segretamente innamorata di Bill e che Bill le aveva salvata la vita una volta che stava per annegare nel laghetto del giardino del signor Paradene.


Cap. 2 - Bill si incarica di una missione [pag. 32-71]
La narrazione si trasferisce a New York dove William Paradene West, detto Bill, una mattina di aprile, stava subendo i postumi di una sbornia dovuta ad una festa organizzata dall'amico Judson Coker, fratello di Alice Coker di cui Bill era segretamente molto innamorato. Bill stava dormendo in preda a un incubo terribile quando il suo maggiordomo Ridgway lo svegliò e gli riferì che il signor Cooley Paradene, tornato da un viaggio, voleva incontrarlo d'urgenza in casa sua a Westbury sull'isola di Long Island.
Bill, che era un nipote del signor Cooley Paradene, da cui riceveva un sostanzioso assegno mensile, promise di andare da lui nel pomeriggio. Ma intanto ordinò una colazione leggera e, nell'attesa, ebbe una salutare conversazione con la propria coscienza.
"Be'?" disse la Coscienza.
"Be'?" replicò Bill sulla difensiva.
"Abbiamo fatto un po' tardi stanotte, eh?".
"Un po'".
"Lo sapevo".
"Sono stato a una festa da Judson Coker" disse Bill "Avevo promesso, non potevo non andarci. Un uomo deve mantenere la parola".
"Un uomo non dovrebbe abbassarsi al livello delle bestie" ribatté freddamente la Coscienza "Comincio ad avere l'impressione che tu sia un fannullone".
...
"Pensavo che tu avessi più rispetto per te stesso e almeno un minimo di decenza" continuò la coscienza "Ami Alice Coker, vero? Benissimo. Un uomo che ami quella nobile fanciulla dovrebbe cercare di porsi in una luce più o meno sacerdotale. Ma tu? Non te lo sogni neanche. Hai perso ogni senso del pudore: ecco come stanno le cose".
...
"Ti tengo d'occhio da un pezzo, giovanotto, e adesso t'ho inquadrato...".
[pag. 34 e 35].
Gli aspri rimproveri della Coscienza, con i cenni al suo amore per Alice, infusero nell'animo di Bill la decisione di cambiare vita e di chiedere allo zio Cooley di trovargli subito un lavoro.
Intanto ricevette una inattesa telefonata da Alice che lo pregò di andare subito da lei. Il giovane si affrettò a raggiungerla e la trovò turbata dal fatto che suo fratello Judson, la sera prima, aveva dato una festa di bagordi - quella a cui aveva partecipato anche Bill - con gli amici e alcune giovani attrici e, nella notte, aveva disturbato il sonno del padre, il quale aveva minacciato di mandarlo a lavorare nella fattoria della nonna nel Vermont fino a quando avrebbe messo la testa a posto. Alice disse che avrebbe potuto proporre al padre di alleviare la pena per Judson mandandolo a pescare in compagnia di una persona giudiziosa come Bill che lo convincesse a smettere di bere alcolici, spendere soldi in bagordi e frequentare cattive compagnie. Bill, commosso dalla stima che Alice mostrava per lui, promise di adempiere il compito assegnatogli dalla sua amata. E, visto che ci stava, le chiese di sposarlo.
Alice non si scompose.
"Non posso darle una risposta precisa, ora".
"No, no, certo".
"Non potrebbe chiedermelo di nuovo dopo aver riportato indietro Juddy finalmente guarito?"...
...
"Restiamo così, allora?".
"Sì" disse Bill, umilmente.
"E quando pensa che sarà pronto per partire?" domandò la signorina Coker che aveva ereditato dal padre la capacità di sovrapporre gli affari ai sentimenti. "Subito?".
"Domani, se vuole" rispose l'infatuato Bill.
[pag. 47].
E a questo punto Bill chiese e ottenne una foto della futura fidanzata che andò ad aggiungere alla undici che aveva già sgraffignato nelle stanze dell'appartamento di Judson.
Nel pomeriggio, andò a Westbury e venne accolto nella biblioteca del signor Cooley Paradene zeppa di libri preziosi raccolti negli anni. Nella stessa biblioteca arrivarono diversi parenti convocati da zio Cooley: zio Jasper, la cugina Evelyn, zio Otis con il figlioletto Cooley. Infine, mentre i parenti conversavano e schiamazzavano, arrivò il padrone di casa salutato festosamente e servilmente da quasi tutti: si astennero il piccolo Cooley e Bill.
Lo zio Cooley non gradì l'atteggiamento adulatorio dei parenti e cominciò ad insultarli chiamandoli avvoltoi e sanguisughe. Poi fece entrare un ragazzo di nome Horace che presentò a tutti come suo figlio adottivo. Entrò anche un uomo tarchiato, dall'aria benigna e dai capelli bianchi: il professor Appleby che prese a reclamizzare le buone qualità di Horace e raccontò come fosse stato lui a convincere il suo buon amico Cooley ad adottare il ragazzo, e sentenziò che fosse meglio investire sul giovane piuttosto che sui vecchi parenti.
I parenti si offesero (lo zio Otis annunciò che da quel momento avrebbe chiamato il piccolo Cooley col suo secondo nome John), quindi aprirono la porta e se ne andarono.
Bill rimase solo con lo zio Cooley e gli chiese di trovargli un posto di lavoro nella sua azienda. Il signor Paradene gli offrì di mettere gli indirizzi sulle lettere per 10 dollari alla settimana. Bill accettò e si dichiarò pronto a incominciare, ma lo zio, poco convinto del cambiamento di Bill, gli chiese di aspettare un'oretta per pensarci.
Bill andò ad aspettare in giardino sulle rive del lago dove si rese conto del fatto che non avrebbe potuto lavorare nell'azienda di zio Cooley e, nello stesso tempo, andare a pescare con Judson. Ma, proprio mentre stava tornando verso la casa, disturbato dall'arrivo di Horace e del professor Appleby, incontrò proprio Judson venuto in macchina per parlare con lui della vacanza di pesca.
Bill decise di tornare dallo zio e di comunicargli la sua decisione di rimandare l'inizio del lavoro. Perciò lasciò Judson ad aspettare in giardino e trovò lo zio in biblioteca, arrampicato su una scala ad esaminare uno dei suoi volumi preziosi.
Il signor Paradene guardò giù. Rimise il libro al suo posto e scese.
"Volevo vederti, William" disse. "Siediti. Stavo appunto per chiamare Roberts e mandarti a cercare". Si lasciò sprofondare nella grossa poltrona che di recente era stata oggetto delle attenzioni del piccolo Cooley. "Ho un'idea".
"Quel che volevo dire...".
"Zitto!" ordinò il signor Paradene.
...
"Sei sempre stato un fannullone" riprese il signor Paradene "come il resto della famiglia. Ma chissà che tu non possa mostrare di valere qualcosa, una volta messo alla prova. Cosa ne diresti di continuare a ricevere il tuo assegno per altri tre mesi, giorno più, giorno meno?".
"Be', andrebbe bene" disse Bill.
"Bada, però, devi fare qualcosa per guadagnartelo". "Certo" convenne Bill. "Dopo che sarò tornato dalla pesca...". "Io non posso andarci" disse il signor Paradene con tono meditativo. "Così bisogna che mandi qualcuno al mio posto. C'è qualcosa che non va".
"Vedi..."
"Zitto! Non interrompermi! L'incarico è questo. I rendiconti della filiale di Londra non mi soddisfano affatto. E da parecchio tempo. Non riesco a capire perché: il capo della filiale mi è sempre sembrato un tipo piuttosto in gamba. Eppure non c'è niente da fare, i profitti sono scesi di brutto. Ti mando a Londra, William, per dare un'occhiata alla faccenda".
"Londra?" disse Bill, vacuo.
"Esattamente".
"Quando vuoi che parta?".
"Subito".
"Ma..."
. [pag. 66-67].
Bill chiese ancora una mezz'ora per pensarci su e corse a riferire la novità a Judson il quale, intanto, aveva ricevuto una telefonata da Alice. Judson passò il telefono a Bill che riferì la sua decisione di andare a Londra con Judson e Alice raccomandò al suo futuro fidanzato di controllare che Judson non avesse mai denaro né alcolici.
In realtà Judson credeva di poter passare una bella vacanza in compagnia del suo amico, ma Bill rimase fermo nei suoi propositi.
Intanto il professor Appleby, passeggiando in riva al lago, spiegava a Horace quello che avrebbe dovuto fare nella casa del suo padre adottivo: rubare volumi preziosi e consegnarli al ladro Joe. I volumi poi sarebbero stati venduti e il ricavato sarebbe stato diviso tra i componenti della banda.


Cap. 3 - Flick compie una visita [pag. 72-90]
C'è qualcosa, nel modo in cui la primavera si manifesta in Inghilterra, che mi ricorda un cucciolo timido che cerca di farsi degli amici. Fa un avventato passo avanti, se la svigna terrorizzato, poi striscia di nuovo avanti, timoroso, e infine, acquistata fiducia, si avventa con impeto e gioia. [pag. 72]
Quella mattina di sole Flick passeggiava sul prato sentendosi allegra e spensierata quando si alzò un forte vento che portò uno stormo di fogli di carta a svolazzare intorno alla sua testa. Erano lettere sfuggite dallo studio del signor Hammond per colpa di una cameriera che aveva aperto la finestra. Flick, sollecitata dallo zio, raccolse tutti i fogli e li restituì al proprietario. Poi continuò la passeggiata, ma il vento si rialzò portando un ultimo foglio, inseguito dal cane Bob, fino al laghetto dove si posò su una ninfea. Flick poté raccoglierlo e leggere le prime parole: "Signore, se vuole salvare una vita...".
Per rispetto della privacy, non andò avanti, e corse dallo zio per consegnargli quella lettera che le sembrava terribilmente importante. Ma lo zio non la volle perché se la ricordava e la riteneva un tentativo di truffa. Dopo qualche insistenza fermamente respinta, Flick chiese di poterla leggere, e lo zio Sinclair glie lo concesse sghignazzando.
La ragazza lesse la lettera e si commosse. Decise di vendere o impegnare una sua spilla preziosa e portare il ricavato alla signora bisognosa Matilda Pawle, autrice disperata della lettera, abitante a Marmont Mansions numero 9, Battersea, come era scritto sulla lettera.

Intanto Bill e Judson, dopo aver vissuto in alberghi costosi per tre giorni, si erano trasferiti in una casetta affittata per tre mesi. Judson, che durante la traversata e all'inizio della permanenza a Londra era stato molto triste per non riuscire ad avere da Bill qualche soldo o qualche bicchiere di bevanda alcolica, sembrava avere recuperato un po' di buon umore e di essere sul punto di diventare astemio.
Bill aveva preso contatto con Wilfrid Slingsby, direttore della filiale di Londra, e quel giorno pranzò con lui.
Durante il pranzo parlarono di spettacoli. Soprattutto Slingsby parlò e rivelò a Bill di avere diverse partecipazioni negli affari dei teatri di Londra. Così Bill, che all'inizio aveva molta stima per il capo della filiale di Londra, finì per insospettirsi: gli sembrò che Slingsby si occupasse di altro invece che dell'azienda di Paradene, la cui principale attività consisteva nella vendita della pasta di legno per produrre la carta. Quando Bill lo interruppe e gli chiese perché gli affari di Paradene andavano male, il commensale gli diede una valanga di spiegazioni fumose e incomprensibili, sicché, alla fine del discorso e del pranzo, Bill aveva la netta sensazione di essere stato preso in giro, pur non avendone prove certe.
Andò a rifugiarsi nella sua casetta a Battersea, si tolse la giacca, il colletto, la cravatta e le scarpe, si accese la pipa e si gettò sul divano del soggiorno a ripensare al maledetto pallone gonfiato... così arrogante... "Quello, secondo me, è un imbroglione. Lo terrò d'occhio". [pag. 81]
In quel momento suonarono alla porta. Pensò che fosse Judson, invece era una ragazza. Bill si sentì imbarazzato e corse a rimettersi almeno le scarpe. La ragazza lo riconobbe: "Lei deve essere il signor West, vero?". [pag. 84]
Bill, dopo qualche indugio, quando la ragazza si presentò come Felicia Sheridan, si ricordò di lei e la fece entrare nel soggiorno. Flick si guardò intorno, vide le dodici foto di Alice e ne fu amareggiata, ma subito ragionò sul tanto tempo passato e cercò di nascondere, e poi annullare, la sua gelosia. Chiese della signora Matilda Pawle. Bill non l'aveva mai sentita nominare. Allora Flick gli porse la lettera che aveva portato con sé. Lui la lesse e ci vide subito lo zampino di Judson. Ridendo spiegò a Flick che lui aveva il compito di evitare all'amico di bere alcolici, ma l'amico doveva aver trovato il modo di procurarseli con quell'imbroglio.
Anche Flick si mise a ridere ma con un po' di amarezza per avere impegnato inutilmente la sua spilla. Bill invitò la ragazza a rimanere un po' ad aspettare il ritorno di Judson, ma Flick aveva un appuntamento con Roderick. Così si salutarono e si proposero di rivedersi presto.
Poco dopo tornò Judson. Bill gli raccontò della ragazza che aveva impegnato la sua spilla per dargli un po' di soldi. L'amico, con la sua faccia tosta, pretendeva che Bill glie li consegnasse!
Mentre Judson se ne andava, Bill si sporse dalla ringhiera, ancora incuriosito. Gli era venuto in mente un altro aspetto della faccenda.
"Un secondo, fermati" gridò. "Dove hai preso i soldi per i francobolli?".
"Ho dato in pegno una matita d'oro".
"Ma tu non hai una matita d'oro".
"Ma tu sì" disse Judson, e uscì rumorosamente nei grandi spazi aperti.
[pag. 90]


Cap. 4 - Attività di Judson Coker [pag. 91-103]
Judson non amava andare a piedi, tuttavia si allontanò abbastanza per assicurarsi di non essere seguito da Bill. Quindi si fermò e contò i soldi che gli rimanevano. Non aveva intenzione di spenderli tutti, ma il bisogno di alcol aumentava di giorno in giorno. Si diresse verso una zona piena di locali dove si poteva bere un goccetto. Ma, appena ci arrivò, si accorse che erano tutti chiusi. Chiese una spiegazione a un passante che gli disse che i locali aprivano alle sei e mezza del pomeriggio. Judson, disperato, decise di andare ad aspettare nel West End. Si comprò una rivista di gossip intitolata Society Spice, prese un treno e lesse con piacere due o tre articoli. Ma quando si imbatté in un articolo intitolato 'Gioventù depravata' che parlava del comportamento degli oziosi figli dei plutocrati americani [pag. 94], Judson si sentì come colpito da un fulmine: l'autore aveva scritto che il fondatore del club dei 'Silks della Quinta Avenue' fosse Toddy van Riter, mentre tutti sapevano che il vero fondatore del club era lui, Judson. Questa menzogna era intollerabile.
Decise subito di andare a trovare il direttore della rivista e pretendere che l'errore fosse riconosciuto e corretto nel numero successivo. Scese alla prima fermata, chiese a un poliziotto dove fosse la sede della Mammoth Company di Tilbury House, come era scritto sulla rivista, e scoprì che era vicina. Perciò la raggiunse rapidamente e disse al portiere di voler parlare col direttore. Il portiere gli fece scrivere su un modulo il nome e la professione. Jodson scrisse solo il nome e attese che lo chiamassero.
Il direttore Roderick Pyke, che in quel momento stava nel suo ufficio in compagnia del giovane Pilbeam, autore dei brillanti articoli letti da Judson, e aspettava Flick per andare con lei a prendere un tè, mandò a dire che era occupato e non poteva ricevere l'uomo che aveva inoltrato la richiesta.
Quando Flick arrivò, Roderick la condusse ad un'uscita privata, ma il portiere, che stava passando di là, chiese al direttore, ad alta voce, se volesse che lui gli chiamasse un taxi. Il capo disse di no, ma in quel momento anche Judson stava passando di là, capì che quello era il direttore e corse per raggiungerlo, proprio mentre un grosso furgone gli tagliò la strada. Quando aggirò il furgone, il direttore era scomparso. Rivide la coppia più in là, in un'altra strada, mentre stavano per salire su un altro taxi. Corse per bloccarli, Roderick si spaventò, saltò nel taxi e ordinò al conducente di partire, lasciando Flick in strada. Judson rincorse il taxi per una ventina di metri, poi si arrese, mentre Flick se ne andava sdegnata.
Judson tornò a Tilbury House e, assoldando un ragazzo dell'ascensore, si procurò l'indirizzo di casa di Roderick. Poi, stanco per i venti metri di corsa, tornò a casa.
Intanto Flick, dopo una sosta nella sala scrittura del Savoy Hotel, dove aveva scritto una lettera di poche righe e l'aveva spedita, tornò alla Holly House, dove abitava con i coniugi Hammond. Trovò la zia Frances che le disse di prepararsi per uscire a cena con Roderick e lo zio George. Ma Flick non ne sapeva niente.
"Molto strano che Roderick non ti abbia detto niente".
"Mi ha lasciata un po' di fretta" replicò Flick. "Immagino che l'avrebbe fatto se non fosse stato interrotto".
"Povero Roderick! Deve essere molto impegnato" disse la signora Hammond. "Come l'hai trovato quel caro ragazzo?".
"Molto agile".
"Agile?" La signora Hammond sgranò gli occhi. "Cosa vuoi dire?".
Flick si fermò ai piedi delle scale.
"Zia Frances" annunciò. "c'è qualcosa che devi sapere. Non sposerò Roderick. Gli ho spedito una lettera e ho rotto il fidanzamento".
[pag. 103].


Cap. 5 - Operazioni notturne a Holly House [pag. 104-133]
Intanto Bill, rimasto solo nella sua casa a Battersea, era angosciato per non essere riuscito ad impedire che l'amico Judson se ne andasse in giro per la città con in tasca i soldi per gli alcolici. Le 12 foto di Alice lo guardavano come angeli accusatori.
Judson tornò a casa verso il crepuscolo senza avere mai potuto bere un goccetto, occupato invece ad inseguire il direttore Roderick. Dopo avere raccontato tutto all'amico, Judson avrebbe voluto tornare subito a cercare il direttore, ma Bill gli disse che sarebbero andati insieme e che col direttore ci avrebbe parlato lui e lo avrebbe convinto a correggere l'articolo sul prossimo numero.
Nello stesso tempo, nella Holly House c'era aria di tempesta. Era arrivato George Pyke e si aspettavano per cena Roderick e altri ospiti interessati al matrimonio stabilito. Ma Flick era chiusa nella sua camera e non aveva intenzione di scendere per cena. Nessuno riuscì a farle cambiare idea.
Cominciarono ad arrivare i primi ospiti, mentre Bill e Judson arrivavano in taxi alla casa di Roderick. Bill scese e si avviò verso la casa, mentre Judson aspettava nel taxi. Salì in ascensore e fu accolto dal maggiordomo, il quale lo informò che il signor Roderick era andato via poco prima, forse scendendo per le scale. A Bill non rimase che scendere anche lui per le scale e tornare da Judson. Lo trovò molto agitato. Roderick aveva tentato di salire sul loro taxi. Poi, vedendo Judson, era scappato, e i due lo videro prendere un altro taxi.
"Segua quel taxi" dissero in coro i due al loro tassista. E iniziò l'inseguimento fino alla Holly House. Qui Roderick, che non sospettava di essere inseguito, suonò alla porta e si preparò ad attendere, ma quando si accorse che gli inseguitori lo stavano raggiungendo, ricominciò a suonare il campanello. Bill arrivò sugli scalini dell'entrata e Roderick, atterrito, gli diede una bastonata sulla testa proprio mentre la porta si apriva e si richiudeva subito dietro al direttore finalmente in salvo. Bill rotolò per le scale e Judson gli cadde addosso. A quel punto il mite Bill, che aveva avuto intenzione di fare solo una chiacchierata pacifica col direttore, cambiò umore. Era inferocito. Si attaccò al campanello e, quando finalmente il maggiordomo gli aprì, lo spinse da un lato ed entrò nel soggiorno, dove vide molti uomini e donne intenti a conversare e Roderick in fondo, davanti alla finestra aperta. Bill, con la testa sanguinante si gettò all'inseguimento e Roderick si gettò dalla finestra aperta sul giardino, seguito da Bill.
Intanto Flick si preparava ad una fuga rocambolesca. Aveva preparato la valigia e aveva annodato un paio di lenzuoli, sufficienti per calarsi sul tetto di una rimessa. Ormai era scesa la sera, e nel cortile di sotto non si vedeva molto bene. Flick era pronta, ma da fuori provenivano molti rumori e grida di cui la ragazza non riusciva a capire l'origine, anche per la presenza della rimessa che le impediva di vedere il giardino.
Figure scure correvano sul prato...
Le grida crebbero in volume. Le figure svolazzanti seguitarono a svolazzare. Poi all'improvviso echeggiò nella notte un tremendo splash. Anche uno spettatore con la vista impedita da una rimessa poteva interpretare il significato di questo rumore. Qualcuno era caduto nella vasca.
Sperò che fosse zio George...
Era zio George.
[pag. 118-119].
Bill, intanto aveva rinunciato ad acciuffare il suo bastonatore e si era nascosto in un cespuglio, proprio accanto alla rimessa. Capì che la gente in giardino stava cercando lui e, per nascondersi meglio, salì sul tetto della rimessa. Aspettò che tornasse la calma e si preparò ad andarsene, ma una valigia cadde con un tonfo proprio accanto a lui e una figura umana si stava calando lungo il muro della casa.
Sulle prime Bill non riconobbe Flick e stava per aggredirla. Poi si riconobbero e, seduti sul tetto, iniziarono una serie di chiarimenti in cui saltò fuori che l'uomo che aveva colpito Bill con un bastone era lo stesso che Flick si era rifiutata di sposare.
I due decisero di tornare a Marmont Mansions numero 9, Battersea, portandosi dietro il cane Bob a cui Flick era affezionata.
Una volta arrivata a casa di Bill, Flick, stanca, si addormentò su una poltrona. Bill La guardava e le 12 foto di Alice guardavano lui. Poi Flick si svegliò ed ebbe fame. Bill andò a cercare qualcosa da mangiare nella dispensa e tornò con un vassoio pieno di vivande. Trovò la ragazza in lacrime. Piangeva perché le dispiaceva di avere abbandonato suo zio Sinclair, ma era stato solo un momento di rimpianto. L'appetito fu più forte della malinconia. Mangiò di gusto e bevve caffè caldo. Parlarono di zio Sinclair e dello zio di Bill: erano insieme quando Bill salvò la vita a Flick. Decisero che Flick avrebbe scritto una lettera agli zii Hammond per comunicare che sarebbe tornata solo se le avessero promesso di non costringerla a sposare Roderick.
Flick voleva andare a cercare una stanza in affitto, ma Bill la dissuase. Le disse che sarebbe andato via lui. Il giorno dopo avrebbero stabilito insieme cosa fare.
Scendendo le scale Bill incontrò Judson di ritorno e lo trascinò via dicendogli che avrebbero dormito ai bagni turchi perché, per quella notte, aveva prestato la casa a una ragazza.


Cap. 6 - Horace cambia parere [pag. 134-146]
A Westbury, Long Island, il signor Cooley Paradene se ne stava nella sua preziosa biblioteca a scrivere una lettera al suo amico Sinclair Hammond dicendogli che sarebbe andato a trovarlo presto in Inghilterra e gli avrebbe portato a vedere alcuni dei suoi ultimi libri acquistati di recente.
In quel momento lo interruppe il maggiordomo Roberts per rassegnare le sue dimissioni. Disse che non poteva stare in una casa dove abitava il signorino Horace che gli aveva regalato un dolce farcito di sapone. E mentre parlava schiumava.
Con qualche sforzo, il signor Paradene riuscì a rabbonire il suo maggiordomo, dicendogli che non poteva stare senza di lui e promettendogli dieci dollari in più sullo stipendio.
Poco dopo vide Horace tornare imbronciato dalla passeggiata che aveva fatto col suo precettore Sherman Bastable, il quale entrò nella stanza senza bussare e col cappello in testa...
"Signor Paradene!" urlò il precettore con veemente voce da tenore. "Non ne posso più"...
"Ne ho abbastanza!" tuonò...
"Tutto questo deve finire!" gridò il precettore.
"Si levi il cappello!" disse il signor Paradene...
"Buona questa!" urlò il precettore. "Mi piace, sì! Togliermi il cappello! Fantastico!".
"Lei è ubriaco" replicò il signor Paradene, diventando rosso.
"Niente affatto!".
"Eppure deve esserlo. Entra di corsa qui dentro col cappello in testa...".
"Sì" rispose il signor Bastable amaramente, "sì. E forse vorrà sapere perché. Non posso togliermi questo dannato affare senza scotennarmi. Quel piccolo mostro mi ha incollato tutto il bordo interno, e adesso si è attaccato. E voglio dirle questo, signor Paradene...".
Le cose che il signor Bastable voleva dire - e disse - al suo datore di lavoro erano così numerose e furono espresse in un linguaggio così aspro e tanto libero che preferiamo non ripeterle.
[pag. 140-141].
A quel punto il signor Paradene decise di dare al ragazzo una bella lezione. Prese dal cassetto un bastone sottile e flessibile e si avviò verso il giardino.
In quel momento Horace se ne stava sdraiato su una panca per riposarsi della passeggiata e stava conversando col ladro Joe, un uomo tarchiato e dai piedi larghi, che lo sollecitava a rubare qualche libro di grande valore. Ma Horace disse che non ne aveva nessuna voglia, perché ormai si era sistemato in quella bella casa e con un padre adottivo che lo amava. In quel momento il ladro scorse un individuo che si dirigeva verso loro con un bastoncino in mano, e perciò si rifugiò tra i vicini rododendri.
Quando il signor Paradene ebbe finito di impartire al figlio adottivo la lezione che aveva stabilito, tornò sui suoi passi verso la sua amata biblioteca, stanco e affannato. Così Horace cambiò immediatamente idea sulla bontà del suo padre adottivo e promise al ladro che sarebbe subito entrato in azione.


Cap. 7 - Il signor Slingsby desta sospetti [pag. 147-153]
Uno dei deliziosi aspetti della primavera inglese è che ha dei giorni, anzi, è quasi del tutto composta di giorni in cui, al tramonto, la temperatura è tale da rendere gradevole un fuoco, anzi perfino necessario. Quello che ardeva nel camino del salotto di Bill a Marmont Mansions, Battersea, una decina di giorni circa dopo l'impulsiva fuga di Flick da Holly House, era grande e allegro. [pag. 147]
Bill, seduto in poltrona, fumava la pipa, mentre Flick rammendava le calze del giovane. La ragazza aveva affittato una stanza dietro l'angolo e aveva una padrona di casa simpatica, amante dei cani e ottima cuoca. Ora Flick era felice e andava volentieri a passare molte ore al giorno a casa dei suoi amici Bill e Judson.
Conversando amabilmente di vari argomenti, Flick chiese a Bill che tipo di ragazza fosse Alice. Bill non sapeva che rispondere e protestò sostenendo che ne avevano già parlato molte volte.
"Ti rammenderebbe le calze?" chiese Flick.
Bill, che in quei giorni era arrivato a considerare il rammendo una nobile arte, non fu contento di scoprire che Alice non ne era capace.
Flick ricordò a Bill che quel giorno era giovedì e che il giovedì era solito scrivere ad Alice.
Bill se ne era completamente dimenticato e corse in camera da pranzo per scrivere la lettera.
Dopo qualche minuto entrò in casa Judson con aria sconsolata. Era stato a trovare il signor Slingsby, sperando di bere qualcosa con lui. Invece aveva dovuto accontentarsi di una cioccolata calda. Flick lo ascoltò con attenzione quando Judson disse che Slingsby era di umore nero, aveva appena licenziato la sua stenografa, aveva una macchina lussuosa, una splendida casa e sicuramente soldi a palate di dubbia provenienza.


Cap. 8 - Un lavoro per Percy Pilbeam [pag. 154-164]
Il giorno dopo, Roderick stava tranquillamente seduto davanti alla sua scrivania in ufficio senza nessuna preoccupazione per l'assenza prolungata della sua fidanzata. Si preoccupava invece per la bozza di articolo, che stava leggendo, scritta dal suo collaboratore Pilbeam. L'articolo trattava in tono elogiativo l'attività degli allibratori, che Roderick disprezzava e considerava pericolosi imbroglioni. Poco dopo entrò l'autore dell'articolo, salutò il capo e gli comunicò che, la sera prima aveva assistito ad un evento degno di essere riportato sulla rivista 'Society Spice'. Intanto lo raccontò a Roderick. Aveva visto in un noto ristorante il signor Slingsby seduto a un tavolo in compagnia di una ballerina. Poco dopo un'altra ballerina, chiamata Prudence Stryker [Prudenza Carrarmato (n. d. r.)] , era entrata nel locale, aveva visto Slingsby e gli aveva mollato un gran pugno in un occhio. Pilbeam aggiunse che sarebbe andato a trovare Slingsby per sapere qualcosa di più e ne avrebbe ricavato una bella storia da pubblicare nel prossimo numero.
Roderick si oppose e disse che Slingsby avrebbe potuto essere un amico di suo padre.

Più tardi, quando Pilbeam entrò nell'ufficio di Sir George Pyke ebbe facilmente il consenso a procedere con il nuovo articolo. Subito dopo, d'intesa con la sorella Frances, che era presente nell'ufficio, il grande capo gli consegnò la foto di una ragazza e gli affidò il compito di trovarla da qualche parte a Londra. Non gli disse che la ragazza era Flick, ma Pilbeam, che aveva una buona memoria, riconobbe la fidanzata di Roderick e si rammaricò di non potere sfruttare il caso per un altro scoop. Tuttavia accettò l'incarico e assicurò che avrebbe iniziato subito le ricerche.


Cap. 9 - Inizia la caccia [pag. 165-177]
Nel cuore affaccendato di Londra, una cinquantina di metri ad est di Leadenhall Market, c'è un piccolo e buio ristorante che reca sopra la porta il nome di Pirandello. Oltre ad attrarre la gente con un ricco profumo di cibi mischiati, il locale tiene permanentemente in vetrina un vassoio contenente una testa di maiale con un'espressione beata, fiancheggiata da due pomodori e da una scoraggiata foglia di lattuga. Vi sono anche dei dolci di dubbio aspetto sparsi qua e là. Attraverso il vetro si possono vedere tristi membri della famiglia Borgia in sudici vestiti da sera, molto affaccendati a tenere alte le antiche tradizioni della casata. [pag. 165].
In quel ristorante Bill e Judson aspettavano l'amica Flick che, appena arrivò, ordinò subito da mangiare. Flick raccontò agli amici che aveva trovato un posto di lavoro. Quella stessa mattina lei era andata dal signor Slingsby, che l'aveva subito assunta come stenografa. Si era messa subito all'opera di stenografare un mucchio di lettere e aveva conosciuto un impiegato molto simpatico che stava lì da molti anni e le aveva svelato come mai gli affari non erano floridi come prima: perché il capo della Paradene Company di Londra vendeva la pasta di legno ad un prezzo irrisorio.
Alla fine del pranzo, molto gradito da Flick e per nulla da Judson, i due amici accompagnarono l'amica al lavoro. Durante il breve tragitto furono quasi investiti da un uomo con un vestito a scacchi. Era Pilbeam, che riconobbe la ragazza e si mise a seguirla muovendosi come un leopardo. Vide che entrava nel palazzo da cui lui era appena uscito per parlare con Slingsby. La seguì fino al terzo piano, proprio quello dove Slingsby aveva il suo ufficio. Aspettò una mezza oretta per accertarsi che non ne uscisse tanto presto, poi corse ad avvertire Sir George Pyke.
Ma Flick si era accorta di essere seguita e si era ricordata di avere già visto quell'uomo nell'ufficio di Roderick, perciò aveva trovato un'uscita sul retro del palazzo e aveva lasciato per sempre il lavoro appena trovato.
Così, quando Pilbeam e Sir George entrarono nell'ufficio di Slingsby, questi, depresso per l'occhio nero e per l'antipatia che provava per l'uomo che avrebbe pubblicato la sua disavventura con la terribile ballerina e per il suo grande capo, raccontò che Flick era andata via per un mal di testa e fornì ai due un indirizzo falso della ragazza.


Cap. 10 - La caccia continua [pag. 178-187]
Judson, avendo saputo che Pilbeam era un collaboratore di Roderick, decise di andarlo a trovare per chiedere a lui di correggere l'errore riguardo al fondatore del club dei Silks. Pilbeam fu felice di riceverlo e lo invitò a pranzo in un ristorante dove veniva servito un ottimo Porto. Il collaboratore preferito di Sir George, alla fine del pranzo, promise a Judson che avrebbe scritto personalmente l'articolo in cui avrebbe corretto l'errore. Anzi gli avrebbe mandato la bozza per essere sicuro di non commettere altri errori. Così si fece dare l'indirizzo, che poi corse a riferire al suo grande capo.
Sir George si fece portare dal suo autista immediatamente a Marmont Mansions, numero nove, Battersea, dove Bill aveva appena chiuso la casa e stava aspettando Flick vicino a una macchina presa a noleggio. Mentre Sir George entrava nella casa per suonare alla porta, Flick arrivò e salì sulla macchina con cui Bill l'avrebbe portata in gita in una zona tranquilla per godersi insieme la bella giornata primaverile. Proprio in quel momento Sir George, stanco di suonare il campanello, uscì all'aperto, vide Flick e lei vide lui. Flick incitò Bill a partire e Bill partì di corsa. Sir George per un po' inseguì a piedi la coppia, poi chiamò l'autista, salì in macchina e iniziò l'inseguimento.


Cap. 11 - La caccia finisce [pag. 188-208]
La corsa delle due macchine continuò per molti chilometri attraverso strade più o meno sconosciute a Bill. Ma per lui la corsa si concluse con un gran botto dovuto allo scoppio di una gomma. Bill, vedendo che la macchina di Sir George si avvicinava a gran velocità, scese, prese Flick per mano e, insieme, infilarono di corsa il cancello di un giardino. Il proprietario, che in quel momento li stava spiando dalla finestra, avrebbe voluto fermarli, ma non fece in tempo perché dovette occuparsi di Sir George che voleva inseguire i fuggitivi. Il proprietario, fiancheggiato da un giardiniere armato di forcone, si rivolse al nobiluomo con feroci insulti e minacce, non volle ascoltare le spiegazioni che lui tentava di dargli e lo accusò di calpestare le sue aiuole.
Intanto Flick e Bill, arrivati davanti alla siepe di confine del giardino, scorsero un gregge di pecore che pascolavano in un prato e, lì vicino, la limousine e l'autista che stava fumando una sigaretta.
I due si acquattarono dietro la siepe e si accorsero che c'era un ragazzino che li stava osservando. A Bill venne subito un'idea: offrì mezza corona al ragazzino perché lanciasse dei sassi contro la limousine. Il ragazzino fu contentissimo. Prese la mezza corona, lanciò un paio di pietre contro la macchina e, sorridendo, si fece vedere dall'autista che tentò di agguantarlo, ma non ci riuscì. Si girò per tornare alla macchina ma la vide mettersi in moto, partire e scomparire dietro la prima curva.
Bill guidò la macchina fino alla residenza del suo proprietario, dove la parcheggiò. Poi Bill e Flick, con un taxi raggiunsero un ristorante.
In attesa di un cameriere i due meditavano su come evitare di incontrare George Pyke in futuro, quando Flick, fissando in un punto dietro le spalle di Bill, impallidì e, spaventata, disse che Pilbeam, l'uomo che l'aveva pedinata, era appena entrato nel locale e stava seduto a un tavolo vicino all'entrata. Bill si arrabbiò, si alzò e andò a quel tavolo. Senza dare troppo nell'occhio, gli ordinò di stare seduto dov'era fino alla fine della loro cena, e ancora per un'altra oretta dopo che loro due se ne fossero andati, e di non uscire troppo presto perché lui si sarebbe fermato un po' di tempo fuori a controllare. Poi tornò al suo tavolo e scambiò il suo posto con quello di Flick per tenere d'occhio il pedinatore.
Durante la cena l'umore di Flick migliorò. Quindi Bill volle affrontare il problema che ora li affliggeva. La ragazza non poteva più andare a casa di Bill e Judson, ed era probabile che anche la casa dove Flick abitava sarebbe stata scoperta. Anche se avessero cambiato casa rimanendo a Londra, non era escluso che, prima o poi, Pilbeam o qualche altro investigatore l'avrebbe trovata. La cosa migliore per Flick era andar via da Londra e dall'Inghilterra.
Bill le propose di andare a stare a New York, da Alice. Si fece portare carta e penna da un cameriere e scrisse una lettera alla sua futura fidanzata.
Se Bill non avesse distolto un momento gli occhi per cercare un fiammifero, avrebbe notato una curiosa espressione sul viso di Flick. Lei lo guardava con aria stupefatta. Era incomprensibile per lei che potesse essere tanto ottuso da immaginare che, sia pure in una situazione di emergenza, lei avrebbe accettato di stare anche solo nelle vicinanze dell'odiosa signorina Coker. Certo non si era mai lasciata sfuggire una parola da cui si potesse intuire che per lei Alice Coker era, tra tutte le donne superflue di questo mondo, la più superflua; ma le pareva che avrebbe dovuto capirlo d'istinto. Si morse il labbro, e i suoi occhi azzurri si annuvolarono. [pag. 204].
Uscirono dal ristorante mentre Pilbeam era ancora occupato a mangiare una coscia di pollo. Flick salì su un taxi portando con sé la lettera scritta da Bill. Si salutarono e, mentre Bill rimaneva a controllare che Pilbeam non uscisse troppo presto, Flick stracciò la lettera e la gettò dal finestrino.
Due o tre giorni dopo, Bill accompagnò Flick sulla nave poco prima della partenza per New York. Prima di scendere Bill le disse di non preoccuparsi per Bob, che rimaneva a Londra: lo avrebbe accudito lui. Poi fu preso da una strana malinconia.
"Accidenti!" esclamò con improvviso calore. "Mi mancherai! L'appartamento sembrerà vuoto senza di te seduta su quella vecchia poltrona. Rimarrò lì solo col povero vecchio Bob..."
S'interruppe. "Dio santo!" esclamò, costernato.
"Non è niente" ribatté Flick. Il suo viso era contratto. Si asciugò gli occhi con un gesto impaziente.
"Ma..."
"Io... stavo solo pensando a Bob". Tese di colpo la mano.
"Arrivederci" soggiunse, e scomparve.
Bill rimase lì per un momento, fissando la calca che la nascondeva.
"Santo cielo" si disse. "E' proprio attaccata a quel cane!".
Scese a terra pensoso.
[pag. 207].


Cap. 12 - Una visita per il signor Paradene [veramente sono due (n.d.r.) pag. 209-226]
Per quanto sia vero che l'azione è il succo della vita, non si può negare che una dose, di tanto in tanto, del distensivo sciroppo della tranquillità costituisca un cambiamento piacevole. E così, dopo le scene - sempre convulse e talvolta prossime alla violenza - che al fine di una esatta ricostruzione lo storico delle vicende di Bill West ha dovuto descrivere, è gradevole tirarsi da parte per un po' in un'atmosfera di quiete scolastica e claustrale. Un mese dopo la partenza di Flick Sheridan da Southampton, ci troviamo ancora una volta nella casa del signor Cooley Paradene a Westbury, Long Island, in una stanzetta del primo piano affacciata sul giardino illuminato dal sole. E' il luogo in cui studia il figlio adottivo del signor Paradene, Horace. E nel momento in cui entriamo l'incallito ragazzo sta prendendo lezione di francese dal signor Sherman Bastable, suo precettore. [pag. 209]
In effetti Il signor Bastable, che non sarebbe tornato nemmeno per un milione di dollari, si era pentito ed era tornato dal suo datore di lavoro per soli 50 dollari in più.
Qui il precettore stava subissando il povero Horace di aspri rimproveri perché il ragazzo non si applicava come avrebbe dovuto. Tentava di correggergli gli errori grammaticali e anche la pronuncia sbagliata e, alla fine, si accorse che, prima di affrontare la lingua francese, Horace avrebbe dovuto imparare a parlare meglio la sua stessa lingua madre. Ma, quando il precettore gli disse "Sai quanti ragazzi darebbero un occhio per esserci nella tua situazione?", Horace gli rispose che quella frase non era grammaticalmente corretta: non ci andava il 'ci'.
Il precettore non si fece intimidire dalla furbizia dimostrata dal ragazzo e cambiò argomento.
In quel momento arrivò il maggiordomo ad annunciare che il signor Paradene desiderava che Horace scendesse in giardino per salutare il signor Appleby.
La notizia fu accolta con entusiasmo dal maestro e dall'alunno.
Intanto Paradene aveva accolto Appleby nella biblioteca e gli stava comunicando la sua preoccupazione per i mancati progressi di Horace negli studi. Gli disse anche che presto lo avrebbe portato in Inghilterra dove lo avrebbe iscritto ad una delle più rinomate scuole del Regno. Appleby cominciò ad agitarsi pensando che il suo piano di rubare i libri pregiati sarebbe andato in fumo. Ma poi, molte rivelazioni nella conversazione con Paradene lo convinsero che il viaggio e la visita al signor Hammond, possessore di molti altri libri preziosi, fossero una buona occasione da sfruttare. Perciò, quando si avviò sulla via di ritorno, facendosi accompagnare da Horace, poté concertare con lui un nuovo piano.
Mentre il professor Appleby e il suo giovane complice attraversavano il giardino, una bella ragazza, subito apprezzata da Horace, camminava in direzione contraria.
Era Flick che, dopo avere osservato alcuni particolari - come il laghetto, il vecchio tetto, la finestra della sua camera da letto che aveva contemplato tante volte cinque anni prima, quando aveva sedici anni ed era una ragazzina scheletrica e lentigginosa - raggiunse la porta e suonò il campanello.
Flick, accolta nella biblioteca, era stata preceduta da un telegramma che Paradene non aveva letto. Lo lesse in presenza della ragazza che, lì per lì, non aveva riconosciuto. Il telegramma era del signor Hammond, il suo miglior amico, che gli chiedeva di riportare a casa sua nipote. Allora le chiese notizie sul suo viaggio in America e sulla sua permanenza a New York. Flick confessò che era scappata di casa perché i suoi familiari volevano farle sposare un uomo che lei non amava, poi aveva speso quasi tutti i suoi soldi e non era riuscita a trovare un lavoro. Perciò si era arresa e aveva mandato un telegramma a casa.
"E poi?"
"Ho ricevuto un telegramma che diceva di venire da lei, che avrebbe badato a me e mi avrebbe riportato in Inghilterra con sé".
[pag. 222]
Paradene la rassicurò, le disse che per qualche giorno avrebbe occupato la stessa camera di cinque anni prima e le offrì un tè.
Poi il signor Paradene le fece osservare che se fosse tornata a casa forse avrebbe dovuto sposare l'uomo che non le piaceva. Allora Flick gli disse che Roderick non le dispiaceva. Però era molto innamorata di un altro che non amava lei. Quindi aveva deciso di sposare Roderick.
Ma Paradene si accorse che Flick, girando per la biblioteca, aveva trovato la foto di Bill e la stava ammirando. Lui le disse che l'uomo della foto era suo nipote William, un uomo robusto, ma pigro e fannullone. Flick si oppose con forza e gli disse che Bill stava lavorando sodo per scoprire il motivo del basso rendimento della filiale di Londra e che il signor Slingsby vendeva a basso prezzo la pasta di legno e rifiutava le offerte migliori di altre ditte.
Paradene fu sorpreso dell'ardore con cui la ragazza difendeva Bill e dimostrava di averlo conosciuto. Sicché Flick dovette confessare che lo aveva frequentato ed era diventata una sua grande amica.
Ma il signor Paradene non voleva credere a quanto asseriva Flick riguardo al capo della filiale di Londra e, quando lei lo salutò per andare a rivedere il giardino, prese in mano la foto e pensò che l'uomo che non amava quella splendida ragazza fosse un cretino.


Cap. 13 - Bill fa una scoperta [anzi due (n. d. r.) pag. 227-240]
Al numero nove di Marmont Mansions, Battersea, mentre Judson si meravigliava di sentirsi bene, non avendo più bevuto alcolici, l'umore di Bill era stato cupo nelle ultime settimane. Quel giorno era uno di quelli in cui usava scrivere una lettera ad Alice, ma si meravigliava di non averne nessuna voglia. L'amico Judson si era accorto che Bill non era più lo stesso, ottimista ed energico, e cercava in tutti i modi di tirargli su il morale, ma Bill reagiva sempre in modo brusco e scostante.
Bill, si ritirò in sala da pranzo e si sforzò di iniziare a scrivere la lettera, ma dopo aver trovato non più di sei parole, non ne trovò più. Poco dopo entrò Judson con un'aria funerea, gli disse che aveva da comunicargli una brutta notizia e gli consigliò di dargli dei soldi per andare a comprare del brandy, almeno una bottiglia per sopportare meglio la notizia e tenerne un po' di scorta per i futuri momenti di emergenza.
Bill volle ascoltare la notizia senza nessun antidoto: Judson aveva appena ricevuto un marconigramma dalla sorella Alice per informarlo che si era fidanzata con un tizio che si occupava di acciaio e aveva un sacco di soldi.
Vi fu un lungo silenzio e, all'improvviso, Bill si rese conto con una specie di shock che l'unica precisa, identificabile emozione che provava in quel momento cruciale era un senso di intenso sollievo all'idea che adesso non doveva finire quella lettera. [pag. 232].
Judson, credendo che l'amico avesse bisogno di essere lasciato solo col suo dolore, gli lasciò il marconigramma e se ne andò.
Bill pensò che forse il dispiacere sarebbe venuto dopo e decise di andarlo ad aspettare all'aperto. Prima però doveva distruggere o gettare le fotografie di Alice. Le mise tutte in un sacchetto di carta e uscì. Andò a passeggiare nel vicino parco di Battersea.
Era una bella mattinata... e Bill, vagabondando per i verdi viali e ascoltando le grida allegre dei bambini che correvano nel sole, seguitò a provare quella curiosa illusione di gioia. Se non avesse saputo che era impossibile, avrebbe detto che il suo umore migliorava di minuto in minuto. [pag. 235].
A quel punto prese il sacchetto con le foto e se lo gettò dietro le spalle. A distanza di qualche secondo una ragazzina, sbucata dal nulla, glie lo riportò pensando che gli fosse caduto. Bill fece finta di averlo perso davvero e ricompensò la bambina con una moneta.
Proseguendo nella sua passeggiata, Bill arrivò sulla riva di un laghetto frequentato da donne, uomini, bambini, cani, rigorosamente al guinzaglio, e cornacchie, tutti intenti alle loro chiacchiere, giochi e versi di animali. Perciò Bill riprese il sacchetto e lo gettò nell'acqua. Subito il tonfo del sacchetto fu seguito dal tuffo di un cane, che lo raccolse, lo depose ai piedi di chi l'aveva lanciato, si scrollò schizzandogli l'acqua addosso e aspettò un altro lancio. Bill si arrabbiò, solo perché quel cane era l'unico senza guinzaglio, e proseguì cercando una zona più isolata. Cominciava a pensare che ci fosse una maledizione che gli impediva di disfarsi delle fotografie di Alice. Trovò un bel vialetto deserto e si astenne dal buttare subito il sacchetto: era meglio accertarsi che non ci fosse nessuno. Infatti qualcuno c'era: una coppia che avanzava lentamente incontro a lui. Lei era una bella ragazza. Quando furono più vicini, la faccia dell'uomo gli sembrò familiare, ma sembrava spaventato. Si scambiarono cortesi saluti e Bill ebbe all'improvviso un'idea. Consegnò all'uomo il pacchetto e proseguì senza girarsi.
Poi, ripensandoci, si ricordò che quell'uomo era Roderick Pyke!
Verso la fine della passeggiata Bill si rese conto che non amava più Alice, che anzi fosse stata una sciocchezza innamorarsi di lei e che invece era molto innamorato di Flick.
Al suo ritorno a casa vide che Judson era ancora fuori. Però c'era un marconigramma sul tavolo. Lo lesse sperando che fosse di Flick. Invece era di Paradene che gli comunicava il suo prossimo arrivo a Londra il giorno dopo. Bill non ne fu proprio contento, ma decise di andarlo a prendere alla stazione Waterloo di Londra.


Cap. 14 - Inatteso incanto a Waterloo Station [pag. 241-250]
Durante la sua lunga passeggiata per raggiungere la stazione Waterloo, la convinzione di avere sbagliato a innamorarsi di Alice e di essere invece, da sempre, innamorato di Flick si andava rafforzando man mano che si avvicinava alla meta.
Il treno era già arrivato e una folla di passeggeri, amici e parenti si aggirava lungo il marciapiede. In fondo al treno Bill incontrò lo zio Cooley intento a parlare con un facchino per il trasporto di numerosi bagagli. Paradene fu piacevolmente sorpreso di vedere suo nipote che lo avrebbe volentieri aiutato a portare i bagagli, ma lui, temendo di essere distratto ed essere derubato dei suoi libri, lo mandò a parlare con Horace in un altro posto della stazione.
"Troverai una tua amica con lui. Almeno dice di conoscerti".
"Amica?".
"Una ragazza di nome Sheridan. Felicia Sheridan. La nipote di Sinclair Hammond, l'amico che mi ospiterà".
[pag. 243].
Naturalmente la gioia di Bill arrivò alle stelle, anche se non aveva voglia di parlare con Horace. Dopo avere di nuovo affrontato la calca, vide Flick e Horace, mano nella mano. Li salutò e, prima di rivolgersi alla sua amata, diede una moneta a Horace e lo mandò a rifocillarsi nella sala ristoro.
Cominciò subito a parlare con Flick, ma fu interrotto dalla grida di un venditore di arance, panini e cioccolatini, poi da una signora che voleva un'informazione, da una che cercava un facchino, da un facchino che cercava una donna con bagaglio. Finalmente ci fu una breve tregua e Bill riuscì a dichiarare il suo amore a Flick. E, approfittando del fatto che quella deliziosa stazione era piena di gente che si baciava, si chinò senza dire altro e baciò Flick". [pag. 247].
Anche Flick confermò di amarlo e che, se non costretta, non avrebbe sposato Roderick. Poi Flick vide tra la folla arrivare zia Frances. Concordarono di scriversi, Flick per posta, Bill con annunci sulle persone scomparse sul 'Daily Record', perché le lettere potevano essere intercettate.
"Arrivederci, signor Rawlinson" disse vivacemente, tendendo la mano "Grazie per tutto quello che ha fatto per me."
Bill colse l'imbeccata. Con un cortese inchino in direzione di una zia Frances più formidabile che mai, si avviò lungo il marciapiede. Provava, nell'allontanarsi, più o meno le emozioni di un cavaliere antico costretto da altri impegni a mettersi a cavallo lasciando una donzella alla mercé di un drago.
[pag. 250].


Cap. 15 - Judson ritrova una vecchia amica [pag. 251-257]
Era passata una settimana dall'incontro con Flick. I due tenevano un intenso scambio di messaggi col metodo concordato e Bill mostrava a tutti la sua felicità. Ma ora sentiva il bisogno di confidarsi con un amico. C'era solo Judson. Lo invitò a cena in un ristorante di lusso, dove si suonava musica classica e si davano spettacoli di varietà, e, dopo la cena, gli raccontò tutto: non amava più Alice, ora era innamorato di Flick che, però, era prigioniera di sua zia Frances che voleva a tutti i costi farla sposare con Roderick; ma lui stava cercando un lavoro e poi avrebbe aiutato di nuovo Flick a fuggire e si sarebbero sposati.
Judson gli ricordò che doveva convincere Paradene degli imbrogli che aveva fatto Slingsby.
Poi gli raccomandò di procurarsi una licenza di matrimonio, ma Bill gli disse che aveva già la licenza. Allora l'attenzione di Judson fu attratta dal programma dello spettacolo di quella sera: tra le ballerine c'era una ragazza che conosceva. Sì era proprio lei. La vide sul palcoscenico: Prudence Stryker.
Bill era stanco. Sembrava che a Judson non interessassero i suoi guai. Quindi lasciò l'amico a godersi lo spettacolo e uscì.


Cap. 16 - Impegno a cena per Bill [pag. 258-265]
Judson tornò a casa nel cuore della notte, ubriaco. Bill fu svegliato dal rumore che faceva. L'amico gli disse che aveva portato a cena la ragazza che aveva riconosciuto e si era divertito. Gli doveva dire una cosa importante ma, anche se si sforzava di ricordarla, non ci riusciva.
Solo a colazione se ne ricordò. Prudence gli aveva raccontato di essere stata amante di Slingsby che le aveva rivelato tutti gli imbrogli che faceva, ma poi lui s'era messo con un'altra e perciò lei gli aveva dato un pugno in un occhio.
Bill avrebbe voluto sapere di più sugli imbrogli, ma Judson disse che Prudence voleva parlarne direttamente con l'amico interessato e perciò Judson le aveva dato un appuntamento per quella sera da Mario.
Bill non avrebbe mai voluto cenare con quella ragazza che non gli piaceva, per di più nel locale in cui aveva cenato con Flick per l'ultima volta. Ma le notizie che Prudence gli avrebbe dato erano troppo importanti.


Cap. 17 - Domenica sera da Mario [pag. 266-276]
Durante la settimana trascorsa dall'arrivo di Paradene, Flick e Horace, la zia Frances non aveva perso un attimo per ammonire Flick.
La lezione che zia Frances aveva cominciato a impartirle sul marciapiede di Waterloo Station era continuata, in modo intermittente, per tutta la settimana; e alle sette di domenica sera sfociò in una piena di eloquenza tale che il signor Sinclair Hammond, infrangendo le regole di anni, puntò i piedi e s'impose con l'impressionante furore del mite". [pag. 266].
Prima mandò fuori Flick, disse alla moglie di smetterla e le annunciò che sarebbe uscito con la nipote per andare in un locale dove si sarebbe un po' distratta e divertita. Frances gli ricordò che quella sera sarebbe venuto a cena il fratello George. Ma Sinclair fu irremovibile. Poi uscì ad avvertire Flick che loro due se ne sarebbero andati a spassarsela e andò a prepararsi.
Flick suggerì allo zio di andare da Mario, che lui non conosceva.
Scelsero un tavolo nella balconata. Nella sala di sotto c'era tanta gente e tanto spazio libero. Molti ballavano. Dopo un po' Flick vide Bill che cenava con Prudence. Ne fu addolorata. Pensò di nuovo che Bill fosse uno sciocco bugiardo e si rassegnò a sposare Roderick.


Cap. 18 - Lunedì nero [pag. 277-284]
Il giorno dopo la cena di Bill con Prudence Stryker, il signor Slingsby andò in ufficio felice per il successo di alcuni degli spettacoli di cui possedeva le partecipazioni.
Appena fu in ufficio, il fattorino Henry gli annunciò la visita del signor West.
Prima che Bill parlasse, Slingsby cercò di coinvolgerlo nella sua gioia per il successo degli spettacoli in cui aveva investito il suo denaro.
Ma quando Slingsby prese un fiammifero per accendersi un sigaro, Bill poté dirgli di aver cenato, la sera prima, con la signorina Stryker e che lei gli aveva spifferato tutto.
"Che cosa sa?"
"So che lei è Higgins & Bennett".
[pag. 280].
Ciò che Slingsby aveva detto alla signorina Stryker e questa aveva riferito a Bill era che la ditta Higgins & Bennett era intestata a lui e quindi, vendendo tutta la pasta di legno a se stesso ad un prezzo molto basso e poi rivendendola a prezzo più alto alle ditte che ne avevano bisogno realizzava un gran profitto solo per sé.
Slingsby non batté ciglio. Disse che fin dall'inizio aveva previsto che il losco affare, prima o poi, sarebbe venuto fuori e quindi, prima che Bill raccogliesse prove che ancora non aveva, se ne sarebbe andato.
Bill non si sentiva in grado di contestare le affermazioni di Slingsby e di farlo arrestare. In fondo c'era solo la testimonianza di una ballerina. E quando Slingsby gli chiese il favore di riferire tutto a suo zio solo dopo la sua partenza, Bill acconsentì.
Tornò a casa verso sera e trovò una lettera di Flick. La lesse e si rattristò.
Rilesse la lettera. Doveva esserci un errore...
Errore! Ecco quel che diceva la lettera... "... sento che abbiamo fatto un errore... potremmo solo essere infelici... sposerò Roderick mercoledì... l'unica cosa da fare..." E di questo straordinario, di questo orribile, incredibile cambiamento non dava alcuna spiegazione.
[pag. 284].


Cap. 19 - Bill compie un ingresso non autorizzato [pag. 285-292]
Quella notte Bill scrisse una lettera per Flick, in cui diceva che ormai sapeva tutti i dettagli dell'imbroglio di Slingsby e che quindi lei doveva uscire di casa il giorno dopo, incontrarlo sotto l'orologio di Charing Cross e andare insieme a lui all'ufficio dello stato civile dove aveva già fatto i preparativi per il loro matrimonio.
Partì per Holly House con l'intenzione di trovare un domestico di basso rango pronto a collaborare per portare la lettera a Flick.
Aspettò, nascosto in un cespuglio, che dalla casa uscisse un domestico con le caratteristiche giuste, ma per molto tempo non uscì nessuno.
Verso le due era stanco morto, ma si accorse che da una finestra qualcuno chiamava. Credette che si fosse rivolto a lui, ma dopo un po' vide arrivare sotto la finestra una persona tarchiata e con piedi larghi. L'uomo che stava sopra, che a ben guardare sembrava un ragazzo, forse Horace, gettò un grosso sacco che l'uomo tarchiato afferrò al volo. Bill capì che si trattava di un furto e si lanciò sull'uomo. Questo, dopo aver tentato una difesa, prese il sacco e fuggì nel prato. Ma Bill gli corse dietro e ricominciò a lottare, finché il ladro, dopo un paio di pugni in faccia, lasciò il sacco e si dileguò. Bill, stanco, si accorse che aveva perduto la lettera, raccolse il sacco e tornò a casa sua.
Judson si accorse che Bill aveva delle ferite sul volto. Bill non se n'era accorto. Andò in bagno e si lavò. Intanto Judson aveva aperto il sacco e ne aveva estratto dei libri.
Bill capì che il furto era stato commesso da Horace e da un complice.


Cap 20 - Sei penny di riso [pag. 293-304]
Alle 11 di mattina del mercoledì, davanti alla chiesa di St. Peter, i 'cognoscenti' sapevano che ci sarebbe stato un matrimonio, erano tutti riuniti in gruppi e si scambiavano pareri e notizie più o meno vere. Bill non faceva parte di nessun gruppo. Era lì in attesa col cane Bob che aveva preteso di fare una passeggiata con lui. Ma ora stavano lì, fermi sul marciapiede, e Bob si stava annoiando e perciò strattonava Bill e gli attorcigliava il guinzaglio intorno alle gambe. A un certo punto una folata di vento fece volare il cappello di Bill che dovette rincorrerlo, con l'impaccio del cane, suscitando negli inglesi il loro tipico divertimento. Al ritorno Flick era arrivata ed era entrata in chiesa.
A quel punto Bill decise di entrare anche lui. Andò dal giornalaio, comprò un po' di tabacco e, in compenso, gli lasciò il cane in custodia. Entrò, si sedette su una panca e si mise a meditare.
Dopo un po' udì un mormorio crescente. Arrivò un uomo con una fascia a tracolla e sussurrò qualcosa all'orecchio di una donna.
La donna diede uno strillo stupefatto.
"Rinviato?"
L'uomo con la fascia annuì solennemente. Non vi fu più alcun bisbiglio.
[pag. 297.
La chiesa si stava svuotando. Uscì anche Bill, andò a riprendersi il cane e cominciò a camminare senza meta. Tra la folla che si diradava, incontrò Judson che gli disse di avere rapito lo sposo. Poi si corresse. Non c'era stato bisogno di rapirlo: quello non vedeva l'ora di squagliarsela. Avevano discusso la faccenda e, alla fine, Roderick aveva deciso di scappare all'estero, in Italia, con i suoi risparmi, per vivere con la sua ragazza, una ex stenografa, e scrivere poesie.
Bill era senza parole. Strinse in silenzio la mano a Judson. La sua fede in un grande piano armonioso e coerente che governi un mondo dall'apparenza talora caotica era tornata. Era un mondo splendido, ben governato - un mondo in cui persino Judson serviva a qualcosa. [pag. 300].
Poi Judson gli raccontò un altro avvenimento stupefacente. Girovagando era capitato davanti a un palazzo in cui stava entrando un sacco di gente. Per curiosità era entrato anche lui e aveva assistito a una conferenza contro l'alcolismo. Aveva visto con orrore la proiezione del fegato di un bevitore e altre immagini che l'avevano sconvolto e convinto.
In quel momento Bill smise di ascoltarlo. A pochi passi c'era l'auto della sposa che cominciava a muoversi. Bill aprì lo sportello e ci entrò col cane. Nell'auto ci fu un parapiglia. Bob si lanciava verso Flick e cercava di leccarle la faccia, faceva cadere il cappello del signor Hammond, Bill lo tirava, Bob insisteva.
"Flick" disse Bill, arrotolandosi il guinzaglio attorno alle dita e tirando con forza, "ho ricevuto la tua lettera. Ma ho capito. Ho capito esattamente quello che è successo. So cosa deve essere stato farsi dettare una lettera simile da quella tua zia infernale...".
"Mia moglie" osservò il signor Hammond piacevolmente. "E se non è sgarbato chiederlo, chi è lei, in nome di Dio?".
Una vocina parlò dall'angolo.
"Questo è Bill West, zio Sinclair".
Vi fu una pausa. "Flick" riprese Bill, "Stavo parlando di quella lettera. Ho capito perché l'hai scritta".
"Mi hai visto?" disse Flick a occhi sbarrati.
"Visto?".
"Da Mario".
Bill provò un senso di vertigine.
"Visto da Mario? Che vuol dire?".
"Ma hai detto che hai capito".
"Io...".
Flick tese le mani verso di lui con un piccolo grido.
"Non m'importa. Ti ho visto con quella ragazza, ma non m'importa. Portami via, Bill. Voglio che tu mi porti via".
[pag. 302].
Allora Bill spiegò perché aveva cenato con Prudence Stryker, una ragazza dal carattere e dall'aspetto di un camion, da cui aveva avuto precise notizie sull'imbroglio di Slingsby.
Il signor Hammond si intromise, chiese a Bill se volesse sposare sua nipote e se era lui che, qualche mese prima, era entrato in casa sua e aveva fatto cadere George nella vasca dei pesci. Dopo le conferme di Bill, si congratulò con lui e disse a Flick che quello era il marito ideale. Poi volle sapere l'indirizzo di un ufficio di stato civile, che Bill gli fornì, e ordinò all'autista di fermarsi al primo droghiere per comprare sei penny di riso e quindi andare all'indirizzo che Bill gli aveva indicato.


Cap. 21 - Stupefacente umiltà di uno zio [pag. 305-309]
Cooley Paradene, un pomeriggio, salì nel palazzo dove si trovava la sede della filiale londinese della sua azienda. Era molto addolorato per la perdita misteriosa dei libri che avrebbe voluto mostrare all'amico Sinclair. Chiese al fattorino Henry di condurlo dal signor West. Henry lo guidò nella stanza di Slingsby.
Bill lo informò che Slingsby era andato via per trasferirsi in America. E gli raccontò tutto quello che aveva saputo. Alla fine della storia Paradene rimase in silenzio.
Poi tirò un sospiro profondo.
"Quello di cui ho bisogno è una balia" disse scoraggiato.
"Ecco, sì: una balia. Non posso essere lasciato solo".
[pag. 306].
Ma Bill lo incoraggiò e gli disse che invece aveva bisogno solo di una persona onesta che curasse i suoi interessi.
"...Un tipo onesto come me"...
"Sono pronto a cominciare a imparare anche subito".
"E allora imparerai. Dimmi lo stipendio che vuoi".
"Quello che vuoi tu, zio. Solo, fa in modo che basti per due. Ho una moglie da mantenere".
[pag. 306].
Paradene si meravigliò che avesse una moglie, perciò Bill gli disse che aveva sposato Flick il giorno prima. Poi gli consegnò il sacco con i libri e gli spiegò che Horace faceva parte di una banda di ladri. Lo zio, confermando che aveva bisogno di una balia, mandò un bacio a Flick e se ne andò agitando il bastone, perché aveva intenzione di dare un'altra lezione al suo figlio adottivo, di mandarlo a scuola e di farlo educare da una decina di precettori armati di pistola.
Poco dopo arrivò Flick, e Bill le disse che lo zio Cooley gli aveva fatto grandi promesse e lo considerava il più grand'uomo del mondo.
Flick era d'accordo con lo zio Cooley, ma Bill obiettò di essere solo il più fortunato. Era stata lei a capire che Slingsby fosse un imbroglione. Era stato Judson a farlo parlare con Prudence Stryker. Era stata Prudence a rivelargli i dettagli dell'imbroglio. Era stato Horace a buttare il sacco dalla finestra giusto mentre lui era là sotto. Era stato ancora Judson a convincere Roderick a non partecipare al matrimonio...
Flick gli arruffò affettuosamente i capelli.
"Non mi preoccuperei tanto, tesoro" disse. "Non sai che se un uomo ha gente d'ogni tipo che lavora per lui, questo è il segno della sua grandezza? Guarda Pierpont Morgan, Henry Ford, Selfridge e tutti gli altri... non sono loro a lavorare. Loro stanno lì seduti e lasciano che gli altri lo facciano per loro. E' questo che dimostra che sono dei grandi uomini". [E' meglio dirlo: forse queste affermazioni sono dette con tono ironico. E dire che io le ho sempre condivise, ma nessuno ha mai osato arruffarmi i capelli. (n. d. r.)]
"C'è qualcosa di vero, in questo" replicò Bill con gratitudine. "Sì, deve esserci proprio qualcosa di vero".
[pag. 309 (ultima)].
[Ometto le tre righe finali per non rovinare la sorpresa a chi leggerà il libro :-) (n. d. r.)]




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