RICOMINCIAMO DA ZERO
Quest’anno due delle mie
numerose sorelle, tutte più anziane di me almeno quanto a numero di anni
passati a bighellonare in questo mondo (si fa per dire, non cominciamo subito
col sentirci offesi dalle battute scherzose), stanno seguendo un corso di
computer per anziani. Questi corsi gratuiti, organizzati da vari enti pubblici,
sono un’ottima iniziativa. Gli anziani devono essere tenuti occupati in qualche
modo, quando non lo sono già per loro conto, perché altrimenti diventano
smaniosi, insofferenti, impazienti, pubblicamente e politicamente pericolosi,
più o meno come i giovani. Nelle materie tradizionali
sono spesso anziani quelli che istruiscono i giovani. Ma le conoscenze del
computer, in questo momento storico, vengono acquisite dai giovani molto più
rapidamente che dai vecchi. Perciò in questi corsi, pubblici o privati, gli
istruttori sono giovani e gli alunni sono vecchi. Le mie sorelle mi riferiscono
che il loro insegnante è molto bravo: espone gli argomenti con chiarezza e assiste
con premura gli apprendisti negli esercizi. Però, quando tornano a casa,
con i loro computer, si confondono, non si ricordano bene come si deve
procedere e, con le loro manovre, si mettono in situazioni inaspettate da cui
non sanno come districarsi. Beate loro che non sanno
ancora in quante situazioni pazzesche si cacciano spesso e volentieri anche i
più esperti. Perché? Perché il computer, come
quasi tutti sanno, è una macchina complessa capace di eseguire a comando molti
compiti che prima si facevano “a mano”. E questi compiti ogni volta sono nuovi
o fatti in modi nuovi che devono essere studiati e applicati con attenzione.
Ogni volta si deve ricominciare a imparare. Non c’è nulla di nuovo sotto
il sole? Certo. E anche Socrate, a mio modesto parere, aveva ragione: dobbiamo
sapere di essere ignoranti e di dovere sempre imparare. Mettiamoci l’anima in
pace. Che cosa si faceva a mano,
cioè con strumenti più semplici, fino a venti o trenta anni fa? Si scriveva, direttamente
sulla carta, con la matita o la penna (la penna biro o la macchina da scrivere
sono invenzioni geniali ma osserviamo che la scrittura con quegli strumenti non
si può cancellare facilmente); si dipingeva con pennelli e colori (e per
fortuna si continua a fare); si facevano conti a mente riportandoli su carta
sempre con matita o penna; si suonavano e si suonano tutti gli strumenti delle
orchestre oltre a quelli delle chiese e delle foreste; si giocava a carte, a
monopoli, a tennis, a golf e a tutti gli innumerevoli giochi, passatempi e
attività sportive inventate nei secoli. E, nei pomeriggi invernali, guardavamo
le fotografie di tutto ciò che avevamo visto dal vero e fatto in pieno sole
nelle precedenti stagioni dell’anno. Tutte queste attività si
possono, diciamo, imitare sul computer, cioè svolgere più o meno virtualmente,
in maniera imperfetta, sì, ma con qualche vantaggio: tutto si può cancellare o
correggere, limare, semplificare (o, purtroppo, complicare), aggiornare se
necessario. Poi, se si vuole si può stampare ma si può anche non farlo e inviare
il documento ai lettori di tutto il mondo tramite Internet. E i lettori, se
vogliono possono stampare, altrimenti fanno bene a leggere direttamente sullo
schermo del loro computer. E tutto, quando si spegne il
computer, rimane, invisibile, dentro memorie poco ingombranti, che non possono
proliferare, continuare a crescere come le pile di carte da firmare del
commissario Montalbano o dei burocrati ‘fannulloni’ cari al ministro Brunetta. L’istruttore ha detto,
giustamente, che bisogna procedere con cautela, leggendo sempre gli avvisi e
suggerimenti che appaiono sullo schermo, spesso spontaneamente, qualche volta
da richiedere con un clic su un ‘help’ o su un punto interrogativo.
Questi corsi,
comprensibilmente, hanno per argomento l’uso di computer con sistemi operativi
Windows. Forse non sarebbe prematuro organizzare corsi gratuiti anche per Linux
Ubuntu che, ormai, con l’ultima versione, non ha più niente da invidiare a
Windows, almeno dal punto di vista della semplicità d’uso.
La prima difficoltà che
trovano gli apprendisti stregoni nel sistema operativo delle finestre (Windows)
è l’uso, appunto, delle finestre. Non è facile capire che, dopo avere aperto 3
o 4 finestre, bisogna , generalmente, chiudere, nell’ordine, dall’ultima alla
prima. Ho detto “generalmente”, perché le eccezioni non mancano, per esempio,
quando un’applicazione (oddio, cos’è un’applicazione?) concede di chiudere una
finestra qualunque e, automaticamente, chiude tutte le successive, oppure no.
In presenza di una di queste eccezioni la fiducia disciplinata va a farsi
benedire e la confusione può portare a crisi depressive o compulsive, con grave
pericolo per il prezioso computer che rischia di essere preso a pugni o a calci
o almeno restituito al venditore. Gli istruttori dovrebbero
subito rassicurare i poveri ignari, anziani e meno anziani, dicendo loro che
nel computer, proprio come nella vita globale, la ‘deregulation’ qualche volta ha
preso il sopravvento, ma che, provando e riprovando, si dovrebbe arrivare a
capire ciò che bisogna aspettarsi di volta in volta, e che l’errore, spesso e
volentieri attribuito alla macchina, è invece umano. Ma ecco in agguato le
innumerevoli puntuali difficoltà successive. L’istruttore ha spiegato
diligentemente che il computer è fatto di tanti pezzi: il processore, la
memoria centrale chiamata RAM, la memoria del BIOS chiamata ROM, uno o più
dischi fissi, uno o più lettori o anche scrittori di dischi estraibili (CD_ROM
e DVD) e diverse schede interne e periferiche esterne. Il floppy-disk ormai non
si usa più. Inoltre deve aver precisato
che il software, cioè il sistema operativo e i programmi (o applicazioni)
aggiuntivi, risiedono sul disco o uno dei dischi fissi interni. E forse ha
anche detto che almeno uno dei dischi si chiama C. Perché C? Perché prima c’era
anche il floppy-disk che si chiamava A e/o B. Ma perché questo disco si chiama
floppy, cioè floscio? Perché è floscio: chi ha aperto la scatola di plastica
dura che lo contiene lo sa, e lo sa meglio chi ha visto i primi ‘dischetti’,
grandi il doppio, che stavano in una busta di cartoncino. Ed ha aggiunto che tutti i
dati o informazioni (cioè i documenti, le immagini, i brani musicali)
solitamente risiedono anche quelli su uno dei dischi interni, ma tutto dovrebbe
essere copiato prudentemente su supporti esterni. Con queste lodevoli premesse,
quando lo studente, dopo varie lezioni, si accinge a memorizzare un piccolo
documento scritto con notevoli sforzi usando uno o più dita delle mani e uno
degli strumenti software predisposti (p. es. Notepad, Wordpad, Openoffice
Writer), si trova di fronte a cartelle o folders o ‘raccolte’ chiamate
‘documenti’, ‘immagini’, ‘musica’, ‘computer’, ‘C:’, ‘D:’, ecc.. La scelta più semplice è
mettere il documento in ‘documenti’. Ma molti non sanno che la
cartella ‘documenti’ sta nel disco C, proprio come aveva detto il docente, e
che il ‘computer’ è un’astrazione che non c’entra niente. Pazienza. Fatto sta che se non mettono
tutto in ‘documenti’ o sul ‘desktop’ gli utenti non ritrovano più niente. Ma, a
lungo andare, quando i file prodotti saranno cento, duecento o più di mille,
sarà comunque difficile ricordare i loro nomi per rileggerli, se non ci si è
organizzati in qualche modo sistemandoli in diverse cartelle e sottocartelle con
nomi mnemonici e se non si è imparato a usare la ricerca offerta benignamente
dal sistema operativo. Ci sono ragioni di sicurezza e praticità
che suggeriscono di relegare i dati in altri dischi e partizioni, di salvarli
in supporti esterni e di predisporre ‘immagini’ del sistema che possono facilitare
e abbreviare la reinstallazione del sistema operativo. Quando e come impareranno gli
anziani ad affrontare i pericoli provenienti da Internet? Come faranno a
difendersi dalle aggressioni dei virus, dei cavalli di Troia e dei fishing? Il problema, lo sappiamo, può
arrivare ad una gravità non minore delle truffe che subiscono gli anziani ingenui
nei brutti incontri personali. Le associazioni di consumatori e le trasmissioni
televisive come ‘Mi manda RAI 3’ dovrebbero interessarsene. A proposito, perché
quest’anno ‘Mi manda RAI 3’ tarda tanto? Secondo la mia esperienza,
Windows Vista e, forse, il suo figlio Windows 7 riescono meglio dei precedenti
nella difesa dalle aggressioni di quei truci mostri virtuali messi in agguato
nei siti e nelle mail di Internet. L’istruttore prudente ritarda
le lezioni su Internet, in cui tutti gli aspiranti cibernauti vorrebbero
entrare al più presto. Ma prima o poi gli anziani e
i meno anziani devono sapere che per entrare in Internet, purtroppo, si paga,
tanto o poco a seconda del fornitore di connessione, e che: 1)
non bisogna
attivare la connessione prima di avere installato un potente antivirus e,
forse, un Firewall diverso da quello fornito da Windows 2)
bisogna,
possibilmente, entrare in Internet come ‘utente limitato’ o 'standard', non amministratore 3)
bisogna evitare
di visitare siti notoriamente pericolosi, come quelli pornografici (i più
visitati), quelli che offrono crack di programmi costosi e quelli di giochi
d’azzardo 4)
bisogna diffidare
da messaggi email con mittente sconosciuto, specialmente se chiedono di
connettersi con un sito di Internet: non bisogna mai abboccare e mai
rispondere, ma usare gli strumenti antispam messi a disposizione dal proprio
‘Client’ di posta elettronica (Outlook, Mozilla Thunderbird, Eudora, ecc.) o
dal fornitore di connessione Internet 5)
Quando non si ha più bisogno di navigare in Internet - coma a me capita
nella maggior parte della giornata - non ha senso rimanere in
connessione
E’ buffo vedere che nei
Windows Vista e Sette la disconnessione da Internet (il grande fratello più
piccolo delle sorelle TV) è considerata un’anomalia, e per riconnettersi bisogna
passare dalla ‘Risoluzione problemi’. Il mondo è pieno di esperti
molto meno prudenti e timorosi della navigazione in Internet, e quindi non
posso dire di avere ragione io, anche perché con certi nuovi sistemi operativi
i rischi sembrano sempre più limitati. Ma quando piove è sempre bene uscire con
l’ombrello. Così almeno direbbe il Giardiniere. E quando si va in macchina è meglio non correre e non guidare con
un braccio solo perché l’altro, insieme al cervello, è impegnato al cellulare.
|